Sviluppo della sessualità

Sviluppo della sessualità

Ultimamente le tematiche riguardanti le famiglie omogenitoriali e più in generale lo sviluppo della sessualità sono al centro di dibattiti che, a volte, si basano su pregiudizi e miti che non trovano conferma negli studi scientifici e clinici.

 

Per rispondere a queste ed altre domande abbiamo intervistato il dott. Federico Ferrari, psicologo, psicoterapeuta, autore di “La famiglia inattesa” Ed. Mimesis e coautore (con  il dott. Jimmy Ciliberto e  il dott. Paolo Rigliano) del libro “Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità”. Ed. Raffaello Cortina, Milano.

Come si sviluppa la sessualità? Quali sono i fattori che incidono maggiormente?

La sessualità individuale rappresenta il risultato di diverse linee di sviluppo, relativamente indipendenti (con tempi di maturazione diversi e rispondenti a fattori specifici distinti) che si intrecciano però in modo stretto e si condizionano a vicenda: la fisiologia della riproduzione e quella del piacere, la socializzazione di genere e sessuale, le diverse dimensioni dell’identità sessuale.
Gli individui partono da una complessa predisposizione genetica, che rispondendo a determinati stimoli ambientali si esprime in una fisicità dotata di genitali variabili (classificati come maschili, femminili o intermedi), e una fisiologia del piacere altressì variabile, articolata ed estesa a tutto il corpo, e indipendente dalla capacità riproduttiva.

stampatelloTale fisicità arriverà però a maturazione solo dopo che l’individuo avrà già cominciato a strutturare le dimensioni più nucleari dell’identità sessuale che a sua volta risponde a variabili complesse, in parte genetiche, in parte legate alla socializzazione delle premesse culturali generali sulla sessualità, le quali sono a loro volta articolate quanto vincolanti.
Come ci insegna Foucault, la “sessualità” è molto di più delle funzioni fisiologiche deputate alla riproduzione o al piacere sessuale: essa rappresenta un argomento su cui la società discute, producendo idee e tabù, norme, e aspettative, e a partire dal quale discute poi di tutto il resto.

Non si può parlare approfonditamente di matrimonio, di famiglia, di chiesa, di vecchiaia, di arte e di cultura, di felicità, senza includere in qualche modo considerazioni sulla sessualità. In questo discutere su e a partire da, si è finito spesso per confondere i piani della riproduzione, del piacere e dell’amore, credendo che dovessero essere sempre sovrapposti.

Per questo si è richiesto alle persone di essere eterosessuali, ben identificabili come maschi e femmine, e aderenti agli stereotipi più estremi, ignorando che ciò non è sempre possibile, né tanto meno umano.

Parliamo dell’identità sessuale. Si può dire che è un percorso complesso che procede in un arco di tempo ampio?

Dobbiamo distinguere due ordini di fattori dell’identità sessuale: le dimensioni nucleari e quelle più sociali.
Le dimensioni nucleari sono tre: l’identità di genere, cioè l’identificazione primaria come maschio o femmina, la tipizzazione di genere, ovvero l’acquisizione precoce di schemi corporei di postura e atteggiamento maschili o femminili, e l’orientamento sessuale, che è la predisposizione a provare attrazione, desiderio e in definitiva innamoramento verso l’uno, l’altro o entrambi i sessi.
Queste dimensioni dell’identità rappresentano nel complesso il risultato di interazioni estremamente complesse tra la struttura fisiologica innata, la predisposizione genetica, la socializzazione alla sessualità dei primissimi anni, e l’imprevedibile soggettività dell’individuo che prende questi elementi per farne qualcosa di irripetibile, alla luce di tutta la sua esperienza.

Le dimensioni considerate più sociali sono il ruolo di genere, che rappresenta idee e le opinioni sulle differenze di genere tra maschi e femmine, nonché sulle norme che dovrebbero regolamentare tali differenze, e l’identità di orientamento sessuale, ovvero le opinioni, gli atteggiamenti valoriali, e i concetti stessi e le etichette che ognuno ha a disposizione per definire il proprio orientamento sessuale a partire dalle occasioni di esperienza vissuta.
Mentre le dimensioni nucleari a partire dai 3-4 anni tendono ad essere fortemente stabili nelle loro coordinate, evolvendo solo nei contenuti legati alla maturazione del corpo, le dimensioni più sociali sono soggette ad una grande fluidità durante l’arco di vita, riflettendo il rapporto di ciascuno con la propria esperienza e con il contesto, e non potendo essere mai pienamente acquisiti.

Si sente parlare di persone che “scoprono la loro vera sessualità” da adulte ad esempio dopo un matrimonio. Perché questo accade?

Per esempio può accadere che una persona abbia un orientamento sessuale omo o bisessuale, ma che a livello di identità di orientamento non si permetta di pensarlo, accettarlo e viverlo, forzandosi dentro relazioni eterosessuali che non corrispondono al suo desiderio o che vi rispondono solo parzialmente, mantenendo una tensione profonda con i propri desideri e le proprie pulsioni. Nel tempo tale tensione può diventare troppo forte e spingere la persona a rompere gli equilibri fragili che ha creato.

Qualcosa può accadere che le/gli permette di integrare la propria predisposizione profonda, che costantemente generava desideri inappagati, con l’identità di orientamento sessuale, permettendogli finalmente di riconoscere tali desideri e di renderli parte della propria definizione di sé e delle proprie scelte di vita.
Si deve tuttavia ricordare che un matrimonio eterosessuale può essere stato perfettamente soddisfacente per un uomo o una donna bisessuali, ed essere finito per ragioni del tutto diverse. Anzi può essere proprio la fine del matrimonio a rappresentare l’evento che permette all’individuo di riconsiderare i propri vissuti, rendendosi conto di una parte di sé che aveva sempre ignorato.

Genetica, fisiologia, socializzazione, stereotipi culturali… insomma natura o cultura?

Si tratta di una divisione inappropriata: la cultura è natura! Essa è il prodotto naturale di ogni organizzazione sociale di esseri pensanti in relazione tra loro, quali sono inevitabilmente gli esseri umani.

Come esseri umani non possiamo vivere alcuna esperienza se non attraverso il filtro della nostra cultura, e questa plasma i concetti che usiamo per pensare l’esperienza nel momento stesso in cui accade.

La sessualità non fa eccezione: è un evento fisiologico pensato attraverso categorie culturali, che ne plasmano e condizionano l’evoluzione.

Quando però le categorie culturali dettate dalla maggioranza creano stereotipi che non prevedono eccezioni e differenze, ecco che coloro che non sono previsti devono cambiare la cultura o soffrirne gravemente.

Per esempio gli stereotipi di genere condizionano i nostri canoni estetici, disconoscendo la bellezza “naturale” di molte persone, in nome di modelli di “bellezza” estremi e dannosi, che facilitano derive psicopatologiche come l’anoressia e la vigoressia (ossessiva preoccupazione per la propria massa muscolare).

Oppure si pensi agli stereotipi familiari: gli uomini che non vi si piegavano si trovavano fino all’altro ieri a dover rispondere all’accusa di essere dei “mammi”, solo perché vivevano la propria paternità in modo affettuoso e spontaneo.

Ancora oggi le madri che considerano il pensare a sé come priorità imprescindibile (come hanno sempre fatto i padri) sono guardate come egoiste e tacciate di mancare di istinto materno, anche quando la presenza di un partner sollecito non comporta alcuna mancanza per i figli.

Le persone omo e bisessuali stesse sono state accusate per secoli di essere peccatori, criminali o pazzi perversi…

A cura di Alessandra Biancardi

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