QUESTIONI LEGALI DSA-SCUOLA
SECONDA PARTE
LE BUONE PRASSI PER LA CORRETTA COMPILAZIONE DEL PDP
Qual è l’iter per compilare il PDP?
- Per compilare il PDP, il consiglio di classe si riunisce (sarebbe meglio che fosse redatto da tutti gli insegnanti dell’alunno e non solo dal coordinatore) insieme ai genitori ed eventualmente allo psicologo/neuropsichiatra/neuro- psicologo che ha fatto la diagnosi, al fine di redigere il PDP nel modo migliore in base alle osservazioni della scuola, famiglia e psicologo, alle esigenze, punti di forza e difficoltà del ragazzo.
A partire dalle scuole secondarie di I° è possibile coinvolgere a questa riunione anche il ragazzo, poiché è lui il diretto interessato che può esprimere quali sono le modalità migliori con cui il proprio apprendimento risulti efficace (ad es. potrebbe esprimere le sue preferenze dicendo “La sintesi vocale non mi è molto utile, preferirei invece poter prendere appunti con un programma per fare le mappe concettuali”).
Il fatto di fare questa riunione insieme ai genitori NON è un obbligo della scuola, ma si tratta di una buona prassi, soprattutto perché il PDP è un patto tra scuola e famiglia e quindi presuppone una comunicazione e uno scambio tra le due parti.
- Il PDP viene consegnato alla famiglia, che ne prende visione e verifica il fatto che siano indicate le più efficaci modalità con cui il ragazzo potrà studiare, svolgere le verifiche e partecipare alle lezioni in classe. Per questo è meglio NON firmare il PDP direttamente a scuola il giorno in cui viene consegnato, ma è consigliabile portarlo a casa, visionarlo e, infine, firmarlo per consegnarlo a scuola.
Se lo si ritiene inefficace e si pensa che vadano fatte delle modifiche, si può chiedere al consiglio dei professori di poter fare dei cambiamenti.
- Quando saranno state apportate le opportune modifiche, la famiglia firma il PDP.
- Il PDP viene firmato dal Dirigente dell’Istituto (o da un suo rappresentante) e da tutti gli insegnanti del consiglio di classe/team docenti.
Ovviamente, è necessario che il PDP venga applicato concretamente e quindi che venga lasciata la possibilità al bambino/ragazzo di utilizzare tutti gli strumenti compensativi e dispensativi indicati nel documento.
Rispondendo a domande simili, il dott. Guido Dell’Acqua (Referente per il Ministero dell’Istruzione) ricorda che “Certamente copia del PDP può essere consegnato alla famiglia che ne faccia richiesta prima di firmarlo, per studiarlo e/o sottoporlo agli specialisti di fiducia”.
Per contattare il dott. Guido Dell’Acqua:
Dott. Guido Dell’Acqua Ufficio IV (Disabilità, DSA e integrazione alunni stranieri)
Direzione generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione
Email: guido.dellacqua@istruzione.it Telefono: 06 5849 3604
Note importanti rispetto al PDP:
Se il professore non vuole concedere uno strumento compensativo/dispensativo al ragazzo e quindi non lo segnala sul PDP, bisogna che l’insegnante giustifichi in forma scritta la sua scelta, perché il ragazzo ne ha diritto – vedi legge 8 ottobre 2010, n.170 (ad es. “Non lascio la sintesi vocale al ragazzo durante le verifiche perché gli leggo io ciò che c’è scritto sulle consegne”).
Nell’allegato alla nota prot. 2396 del 12/02/2018 (punto 7) possiamo leggere: “Gli insegnanti non possono pertanto proibire l’uso del computer […] sulla base di proprie personali opinioni o convinzioni o riferendosi a una malintesa libertà di insegnamento”.
Se la famiglia non viene convocata al consiglio di classe ma vorrebbe partecipare alla stesura del PDP insieme ai professori, occorre che lo comunichi al coordinatore tramite un incontro, una mail e infine (se non si riceve la giusta attenzione e non viene soddisfatto il desiderio) una lettera.
Ricordiamo infatti che il PDP è un contratto tra scuola e famiglia e, in quanto “contratto”, deve essere il frutto dello scambio e collaborazione tra le parti.
Il PDP deve essere compilato entro il I° trimestre.
In Emilia Romagna occorre che i professori lo compilino entro il I° BIMESTRE.
Se l’alunno è all’ultimo anno del ciclo di studi della secondaria di primo grado (III° media) e di secondo grado (V° superiore) però, la diagnosi deve essere consegnata dalla famiglia alla scuola entro il 31 marzo dell’anno, poiché la commissione deve avere sufficiente tempo per prepararsi in vista degli esami di stato.
Il PDP deve essere rifatto tutti gli anni.
Può anche rimanere uguale a quello dell’anno prima, ma si deve concedere la possibilità di cambiarlo in funzione delle esperienze fatte dal ragazzo (ad es. ha partecipato a dei laboratori per DSA in estate e ora vuole usare la sintesi vocale perché ha imparato come si usa e la trova utile), delle nuove esigenze e di ciò che è stato notato dai professori/famiglia/tutor nel corso dell’anno.
Il PDP può essere modificato anche durante l’anno scolastico se ci si accorge che gli strumenti indicati non stanno aiutando l’alunno. In questo caso, è di nuovo il consiglio di classe che deve riunirsi e apportare le più giuste modifiche al documento.
E se i genitori non sottoscrivono il PDP o richiedono degli “aiuti che non si vedono”?
La scuola non può andare contro le decisioni della famiglia ma, se si accorge che l’alunno ha numerose difficoltà, può andargli incontro utilizzando una “flessibilità didattica” (flessibilità didattica = modificare i contenuti dell’attività educativa e didattica, ossia i percorsi di insegnamento/apprendimento in funzione dei diversi bisogni formativi dei singoli e dei gruppi di apprendimento).
In ogni caso se la famiglia non vuole il PDP deve motivare per iscritto il diniego alla firma, ad esempio sottoscrivendo una dicitura tipo:
“Consapevole dell’importanza delle misure dispensative e compensative, delle modalità di verifica e di valutazione e consapevole che l’adozione di tali misure non è occultabile ai compagni, non autorizzo l’adozione di suddetti strumenti e mi assumo tutte le responsabilità derivanti da un loro mancato uso.”
Nelle indicazioni permanenti della Regione Emilia Romagna del 12/02/2018 (capo VI) possiamo leggere: “…è bene che anche le famiglie approccino la scuola evitando di chiedere “aiuti che non si vedono” che è […] un atteggiamento sbagliato, in quanto connota come vergogna […] una condizione personale che va accettata serenamente”.
A CURA DI:
Dott.ssa Alessandra Biancardi, Dott.ssa Biancamaria Acito, Dott.ssa Sara Malagoli