Famiglie omogenitoriali
Ultimamente le tematiche riguardanti le famiglie omogenitoriali e più in generale lo sviluppo della sessualità sono al centro di dibattiti che, a volte, si basano su pregiudizi e miti che non trovano conferma negli studi scientifici e clinici.
Ma chi sono le famiglie omogenitoriali? Come sono composte? Cos’è l’omogenitorialità?
Per rispondere a queste ed altre domande abbiamo intervistato il dott. Federico Ferrari, psicologo, psicoterapeuta, autore di “La famiglia inattesa” Ed. Mimesis e coautore (con il dott. Jimmy Ciliberto e il dott. Paolo Rigliano) del libro “Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità”. Ed. Raffaello Cortina, Milano.
Alcuni studi etologici hanno messo in luce non soltanto le relazioni omosessuali tra diverse specie animali, ma anche le adozioni di cuccioli orfani da parte di coppie dello stesso sesso (es. i pinguini dello zoo di New York). Questo può significare che il “desiderio” di maternità e/o paternità è naturale e non legato al ruolo socialmente attribuito alla donna/madre e all’uomo/padre?
Certamente l’istinto al legame (di coppia o genitoriale) è diverso dall’istinto procreativo, questo è evidente dall’osservazione del mondo animale, ed è la ragione per cui l’istituto adottivo è parte del patrimonio culturale dell’umanità da sempre, così come l’amore omosessuale è documentato in ogni cultura da che abbiamo memoria.
È il rapporto tra amore, procreazione, famiglia e adozione che cambia di cultura in cultura, attraverso la storia e le civiltà. Il nostro contesto è stato pesantemente influenzato dalla storia del Cristianesimo e dai suoi sviluppi dottrinali, ma anche dalla rivoluzione industriale e dall’avvento della società borghese, da cui è nata questa buffa espressione della “famiglia naturale” intesa appunto come quella teorizzata dalla sociologia parsoniana degli anni ‘60.
Lo svelamento di questo malinteso, grazie soprattutto all’approccio decostruzionista, permette di “vedere” cose che erano sempre state lì, perché implicite nella natura umana, ma che non si consideravano o si rifiutavano come “innaturali” perché in contraddizione con gli schemi culturali dominanti.
Ormai da anni in psicologia della famiglia si parla di funzioni genitoriali: cosa sono?
Si distinguono i bisogni oggettivi dei figli, dalle funzioni genitoriali che sono quelle deputate a soddisfare tali bisogni, dai ruoli genitoriali che rappresentano i modi in cui la cultura codifica queste funzioni in ruoli specifici.
Mentre i bisogni dei figli possono essere soddisfatti da qualunque caregiver adempia alle funzioni genitoriali, quale che sia il suo genere, i ruoli culturalmente definiti si distinguono tra materno e paterno.
Il materno si riferisce tradizionalmente alla cura fisica e affettiva, il cibo, le coccole e gli abbracci, le confidenze sulle relazioni, il paterno invece a quella morale, normativa e performativa, le regole, l’agonismo, lo studio. Inutile dire che nelle famiglie italiane spesso entrambi i ruoli sono stati incarnati dalle madri, ma anche che qualunque padre può fare lo stesso se non ha paura di violare gli stereotipi tradizionali.
Quindi possiamo dire che un corretto sviluppo psicologico non è dato dall’avere per forza due genitori ma dall’avere dei buoni genitori (o un buon genitore)?
Secondo tutta la ricerca scientifica, due genitori sono meglio nella misura in cui si sostengono a vicenda, ma un genitore che non vada incontro a particolari avversità può offrire tutto il necessario affinché il figlio cresca al meglio. Una madre, un padre, un padre e una madre, due madri, due padri, o chiunque altro svolga al meglio la funzione genitoriale può garantire un corretto sviluppo psicologico del figlio, a patto che risponda ai suoi bisogni di protezione e guida, attaccamento e contenimento, cura ed educazione.
In base alla tua esperienza, quali problematiche si trova ad affrontare una famiglia omogenitoriale?
Le famiglie omogenitoriali si trovano ad affrontare tutti i problemi che affrontano le altre famiglie, più il fatto di non essere riconosciute dalla legge ed essere spesso oggetto di gravi pregiudizi. La mancanza di un riconoscimento legale è terribile perché fa sì che tutto debba sempre andare bene, la mancanza di diritti significa che se inciampi nessuno (non le istituzioni) sarà tenuto a raccoglierti.
Un figlio che perde il genitore legale può trovarsi all’improvviso a perdere anche quello sociale che per la legge è un perfetto sconosciuto!
Tutta la famiglia poi deve fare i conti con lo stigma associato ancora oggi all’omosessualità, e il pregiudizio che una famiglia omogenitoriale non sia una famiglia, che è particolarmente odioso per un bambino che vi cresce dentro. Nel quotidiano questo non accade quasi mai, perché le persone riconoscono una famiglia quando la vedono: una coppia di genitori che si amano e prendono cura dei figli è qualcosa di evidente, perché è fatto di gesti, di atti semplici e necessari, che chiunque percepisce chiaramente.
Poi però sul piano simbolico non si vogliono riconoscere queste famiglie perché costringono a ripensare un intero sistema di rappresentazioni: il genere, la famiglia, la sessualità… una sola realtà costringe a rimettere in discussione un’enorme quantità di stereotipi, e questo fa molta paura.
Ecco perché si organizzano manifestazioni e convegni “per la famiglia tradizionale” che se da un lato sono una celebrazione dei propri stereotipi e un tentativo di mettere la testa sotto la sabbia di fronte alla realtà che cambia, dall’altro sono un attacco diretto alla dignità e alla serenità di queste famiglie.
Come si può spiegare quest’ondata di estremismo omofobo rispetto alla tematica dell’omosessualità? cos’è che spaventa?
L’accettazione dell’omosessualità passa attraverso delle fasi.
All’inizio lo stereotipo del genere come sistema binario rigido ed eterosessuale non lasciava spazio per l’omosessualità. Essa è stata invisibile, poi condannata, poi considerata una malattia da curare, infine, da una sessantina d’anni a questa parte, si sta “normalizzando”.
Il problema è che l’immagine dalla normalità non prevede ancora la minoranza omosessuale. Si è arrivati al punto di affermare l’omosessualità come un’eccezione che conferma una “norma eterosessuale”. Questa “norma” però, che è un fatto statistico, viene ancora confusa con un sistema di valori morali.
Il processo di normalizzazione sarà completo quando la rappresentazione della normalità sarà coerente con la distribuzione statistica degli orientamenti sessuali, includendo l’omosessualità come minoranza costitutiva della norma anche sul piano valoriale.
Ciò significa che il sistema di valori costruito sulla rappresentazione della normalità deve cambiare. I valori legati al genere e alla famiglia devono cambiare in senso pluralista, insieme alle rappresentazioni cui sono legati. Questo cambiamento, quest’ultima fase del processo di accettazione è il più difficile, e quello che suscita maggiori resistenze, portando ad una recrudescenza degli attacchi omofobici, del rifiuto e della condanna della minoranza.
Ci troviamo ad un confronto tra valori tradizionali, legati a rappresentazioni arcaiche della norma eterosessuale e valori moderni, legati al pluralismo, al diritto umano alla felicità e alla libertà degli affetti.
Si tratta di un passaggio delicato e della massima importanza, in cui tutti dobbiamo vigilare perché il rischio è quello di una recrudescenza delle ideologie repressive e omofobiche.
A cura di Alessandra Biancardi